Van Gogh, la vera storia di quando si tagliò un orecchio e di un suo quadro "conservato" in un pollaio.

Cosa fareste se qualcuno vi regalasse un quadro di Vincent van Gogh? Oggi sembra una domanda assurda, ma nel 1889 la risposta della famiglia Rey fu: "Usiamolo per tappare il buco nel pollaio". 

Vincent van Gogh, Ritratto del dottor Rey, 1889.

Questa è la storia vera di come una delle opere dei più grandi artisti della storia dell'arte finì per oltre dieci anni in un pollaio, tra galline e paglia.

Il dono di un artista sofferente
Dicembre 1888. Vincent van Gogh, trentacinque anni, si taglia parte dell'orecchio sinistro dopo una violenta lite con Paul Gauguin ad Arles. Viene portato all'ospedale locale, dove un giovane tirocinante di ventun anni, Félix Rey, si prende cura di lui con dedizione e gentilezza.
Rey non tratta Van Gogh come un pazzo. Fa una diagnosi di epilessia, lo visita regolarmente, si interessa ai suoi dipinti. Vincent scrive al fratello Theo parlando di questo giovane dottore con affetto e stima.

A gennaio, appena dimesso, Van Gogh decide di ringraziarlo nel modo che conosce meglio: dipingendo il suo ritratto. Ci lavora tra il 7 e il 17 gennaio 1889, usando colori vivaci e pennellate decise. Quando lo consegna al dottore, lo firma "Vincent, Arles, gennaio 1889" e lo offre "come ricordo".

"È orribile!"
Il dottor Rey accetta il dono con educazione, ma quando lo mostra alla sua famiglia, la reazione è unanime. La madre lo guarda e dichiara: "È orribile!". I colori le sembrano discordanti, il ritratto inverosimile, lo stile incomprensibile.
Il quadro finisce in soffitta. Poco dopo, la madre trova un uso pratico per quella tela: nel pollaio di famiglia c'è un buco da tappare. Il ritratto viene inchiodato lì, tra le galline, dove rimane per oltre dieci anni.
Van Gogh, nel frattempo, continuava la sua battaglia contro la malattia mentale e l'incomprensione. Quando il fratello Theo gli scrisse che un suo quadro era stato venduto per 500 franchi, il dottor Rey pensò fosse una bugia gentile per consolarlo.

La scoperta nel cortile
1901. Il pittore Charles Camoin, amico di Henri Matisse, va ad Arles per seguire le orme di Van Gogh. Incontra il dottor Rey, che gli racconta del quadro. Camoin lo trova nel cortile, recuperato dal pollaio, danneggiato ma intatto.
Lo compra per una cifra irrisoria. Rey era convinto di chiedere troppo: come si possono pretendere 50 franchi per qualcosa che non vale neanche 50 centesimi?
Camoin rivende il quadro al mercante parigino Ambroise Vollard per 150 franchi. Nel 1908, il collezionista russo Sergei Shchukin lo acquista per 4.600 franchi. Dopo la Rivoluzione d'Ottobre, viene confiscato dallo stato sovietico e finisce al Museo Puškin di Mosca, dove si trova tuttora.

Il valore della storia
Anni dopo, un ex collega del dottor Rey vide il quadro in Russia e dichiarò: "È il ritratto più realistico del dottor Rey che abbia mai visto".
Quello che la famiglia Rey aveva giudicato "orribile" e inadatto persino a decorare una parete di casa era in realtà un capolavoro di osservazione psicologica e maestria tecnica. Van Gogh aveva catturato perfettamente la forza fisica e la sicurezza del giovane medico.

Oggi quel "tappabuchi" vale decine di milioni di euro. Ma il valore vero della storia non sta nel prezzo. Sta nel ricordarci che il genio spesso non viene riconosciuto dai contemporanei. Che ciò che oggi ci sembra incomprensibile potrebbe essere la visione del futuro. Che l'arte richiede coraggio non solo per essere creata, ma anche per essere compresa.

Van Gogh lo sapeva. Scriveva al fratello Theo: "Non posso cambiare il fatto che i miei quadri non vendano. Ma verrà il giorno in cui la gente riconoscerà che valgono più del valore dei colori usati."

Continuava a dipingere anche quando nessuno comprava i suoi quadri, anche quando le sue tele finivano nei pollai. Continuava perché doveva farlo, perché l'arte era l'unico linguaggio che possedeva per comunicare con il mondo.
E alla fine, la storia gli ha dato ragione.

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