Gianfranco De Meo

Rembrandt e l'impasto: quando il colore diventa "scultura"

Rembrandt van Rijn (1606-1669) applicava il colore così spesso che in alcuni punti le sue opere arrivano a 5 millimetri di spessore. Non era un caso, né un errore: era una tecnica precisa che si chiama "impasto".
L'impasto è l'applicazione di colore denso, non diluito, che crea rilievo sulla superficie del quadro. Mentre molti pittori del Seicento ancora dipingevano per velature sottili e trasparenti, Rembrandt faceva l'opposto: costruiva montagne di materia pittorica, soprattutto nelle zone di luce.

La filosofia dell'impasto
Rembrandt aveva una visione chiara: "La materia del colore deve suggerire la materia del soggetto". Se dipingeva un elmo dorato, non si limitava a rappresentare l'oro con il colore giallo: lo costruiva fisicamente, stratificando pigmento su pigmento fino a creare quella superficie metallica, lucida, tridimensionale che cattura la luce come farebbe un vero elmo.
Nei suoi autoritratti, le parti illuminate del volto emergono letteralmente dalla tela. La fronte, il naso, gli zigomi sono costruiti con pennellate dense e corpose che creano rilievo fisico. Quando la luce colpisce questi dipinti, le zone d'impasto vibrano davvero, mentre le ombre rimangono più sottili e scure.

Tecnica e controllo
Dipingere con l'impasto richiede grande maestria. Rembrandt non spalmava colore a caso: ogni pennellata aveva una direzione, una forma, un'intenzione. Nelle stoffe dipingeva seguendo le pieghe, nei metalli seguiva i riflessi, nei volti seguiva la struttura anatomica. Il colore diventava "scultura".
Questa tecnica gli permetteva anche di lavorare con straordinaria velocità nelle zone di luce, mentre dedicava tempo e precisione alle ombre trasparenti. Il contrasto tra zone dense e zone sottili creava quella drammaticità che caratterizza tutta la sua produzione matura.

Un'eredità duratura
L'impasto di Rembrandt ha influenzato generazioni di pittori. Van Gogh lo portò all'estremo, costruendo interi quadri con materia densa e vibrante. Nel Novecento gli espressionisti lo usarono per dare forza emotiva ai loro dipinti. Ancora oggi, chi dipinge a olio può scegliere fra la trasparenza delle velature e la fisicità dell'impasto.
I miei allievi mi chiedono spesso qual è il segreto del chiaroscuro. Nessun segreto, solo metodo, con la "divisione dei piani": separare le luci dalle ombre fondendo le masse scure. È la base del chiaroscuro, la stessa tecnica che Rembrandt padroneggiava alla perfezione.

Nella foto: Rembrandt van Rijn, "Autoritratto all'età di 34 anni", 1640 (particolare).