Gianfranco De Meo

La stanza segreta di Michelangelo: quando l'arte diventa rifugio

Nel 1530, a Firenze, crolla la Repubblica. I Medici tornano al potere. Per Michelangelo, che aveva difeso la città dalle mura, rimane una sola strada: nascondersi. E così sceglie di rifugiarsi in un luogo che nessuno conosce: una stanza segreta sotto la Basilica di San Lorenzo, nel cuore di Firenze.
Lì rimane solo per circa due mesi. Due mesi nel silenzio e nel buio, con la sole visite, forse, di chi gli porta il cibo e con la sola compagnia di un carboncino. Due mesi in cui ogni giorno rischia di essere scoperto e ucciso.

L'arte come salvezza mentale
In quell'isolamento totale, Michelangelo non rimane passivo, non può. Il bisogno di creare è più forte della paura. Allora prende il carboncino e inizia a disegnare sulle pareti. Figure, volti, studi anatomici. Disegna come una preghiera, come un modo di resistere alla follia che potrebbe travolgerlo.
Quei disegni non sono opere complete e ricercate. Sono urgenti, immediati, a volte nervosi. Sono il gesto di un uomo che combatte il terrore con l'unica "arma" che possiede: il suo carboncino. Ogni figura tracciata è un atto di affermazione dell'io, una dichiarazione di presenza in quella "tomba" che potrebbe diventare reale.

Una stanza murata per quasi 500 anni
Dopo che Michelangelo riesce a fuggire e riconciliarsi con i Medici, la stanza viene murata. Dimenticata. Per quasi 500 anni nessuno sa che esiste. Le pareti di pietra con i disegni del maestro rimangono nell'oscurità, sigillate dal tempo.
Nel 1975, durante alcuni lavori di restauro, la stanza viene riscoperta. E lì, sulle pareti grigie, sono ancora visibili i segni del passaggio di Michelangelo. I disegni, gli schizzi, le figure emergono dalle pareti come fantasmi del terrore e della creatività di quei giorni.

Il significato nascosto
La storia della stanza segreta racconta qualcosa di profondo sull'arte e sugli artisti. L'arte non è decorazione, non è lusso. È sopravvivenza. È il modo in cui l'uomo resiste all'annichilimento. Michelangelo, in quella stanza, non disegnava per creare un capolavoro. Disegnava per rimanere vivo, per mantenersi umano, per affermare che esisteva ancora nonostante il mondo cercasse di cancellarlo.
Quella stanza oggi è un museo. Chiunque può entrarvi e vedere ancora i disegni a carboncino sulle pareti. Vedere il momento in cui un grande maestro, ridotto all'essenziale, scelse di creare piuttosto che arrendersi alla disperazione.

"La mia allegrezza è la malinconia, e l'arte è la mia prigione."
Michelangelo